La storia

 

La famiglia degli SPAD rappresentò il culmine della tecnica aeronautica nella prima metà del conflitto mondiale e dette vita a quelli che sono considerati i migliori caccia del periodo. I modelli S.VII e S.XIII vennero considerati tra i migliori aerei da combattimento dell'intero conflitto e, tra l'altro, furono le macchine preferite da assi come Francesco Baracca, Fulco Ruffo di Calabria, René Fonck, George Guynemer, Eddie Rickenbaker. Il contributo che questi caccia dettero alla conquista della supremazia aerea alleata fu determinante per l'andamento della operazioni belliche.

    Il successo dello SPAD fu dovuto a fondamentalmente al talento di due tecnici: Louis Béchéreau, il progettista già noto per aver realizzato i velocissimi monoplani Deperdussin da competizione, che nel 1912 e 1913 si erano imposti nella Coppa Bennett e nella prima edizione della Coppa Schneider, e Marc Birkigt, un ingegnere svizzero della Hispano-Suiza che creò il motore del nuovo caccia. Si trattava di otto cilindri a V assai robusto e affidabile, caratterizzato sin dall'origine da buone potenze specifiche che aumentarono gradualmente nelle versioni successive, fino a superare abbondantemente quelle massime fornite dai propulsori rotativi, i più diffusi dell'epoca. L'introduzione e la rapida diffusione del motore Hispano-Suiza ebbero due effetti: da una parte segnarono la fine dei rotativi, unità motrici che avevano grandemente contribuito allo sviluppo dell'aeroplano, ma che avevano anche raggiunto i limiti della loro evoluzione; dall'altra, l'inizio di un nuovo, importante ciclo tecnologico nel mondo dell'aviazione.

    Louis Béchéreau avviò il progetto del suo caccia nel 1915, disegnando il prototipo S.V. letteralmente intorno al nuovo motore. Questo era racchiuso in una cappottatura metallica, assai "pulita" dal punto di vista aerodinamico, che terminava nel radiatore frontale a sezione circolare. La struttura dell'aereo era di legno rivestita in tela e in pannelli di alluminio nella parte anteriore della fusoliera; l'armamento consisteva in una singola mitragliatrice Vickers da 7,7 mm sincronizzata, con un sistema messo a punto dallo stesso Birkigt, per sparare attraverso l'elica. Le elevate prestazioni dello SPAD.VII apparvero evidenti fin dal suo primo volo, nell'aprile del 1016 a Villacoublay, ai comandi del collaudatore Maurice Béquet. In particolare l'aereo raggiunse una punta di velocità di 196 km/h e registrò un tempo di salita di 15 minuti per raggiungere i 3000 metri di quota. Erano, questi, parametri assai significativi e le autorità militari francesi non ebbero esitazioni: autorizzarono immediatamente la produzione del caccia con un ordinativo iniziale di 268 esemplari. In seguito questa quantità fu ampiamente superata, con un susseguirsi di molti altri ordini e richieste di produzione su licenza provenienti dall'estero, fino a raggiungere le 5600 unità completate solo in Francia.

    Le consegne non si fecero attendere troppo: il 2 settembre gli S.VII iniziarono a riequipaggiare i reparti al fronte e il primo a diventare operativo fu la Escadrille 26. Dopo questo promettente inizio l'aereo si diffuse rapidamente nelle unità da caccia delle aviazioni alleate, che finalmente trovarono nello SPAD un velivolo da combattimento in grado di contrastare efficacemente la minaccia della macchina bellica tedesca. Nella Aviation Militaire francese i reparti equipaggiati con lo S.VII  (tra questi le famose  Escadrille SPA 3 e SPA 103 "Les Cigognes", nelle quali combattevano gli assi Guynemer e Fonk) lo mantennero in servizio fino alla metà del 1917, quando  arrivarono i primi esemplari della versione S.XIII.

    Lo sviluppo di questa variante era stato avviato da Louis Béchéreau verso la fine del 1916 con il preciso obiettivo di migliorare ulteriormente le già notevoli prestazioni dello S.VII. E ancora una volta la chiave del successo fu il motore Hispano-Suiza, che nel frattempo si era evoluto in serie più potenti. Pur caratterizzato da dimensioni e pesi lievemente maggiori, l'aereo era impostato sulle linee generali del predecessore e differiva da questo principalmente nella struttura degli alettoni e dei piani di coda. La potenza più elevata dell'unità motrice, passata da 150 a 235 hp, aveva permesso poi di raddoppiare l'armamento, con la installazione di due mitragliatrici Vickers sincronizzate, rendendo così lo SPAD pienamente competitivo con le famiglie dei contemporanei caccia avversari.

    Il risultato fu una nuova, eccellente macchina da combattimento, che tuttavia, anche se più veloce dell'inglese Sopwith Camel e del tedesco Fokker D.VII, non fu esente da difetti. Lo S.XIII era assai poco maneggevole e questa caratteristica, unita al comportamento poco prevedibile alle basse velocità, lo rendeva piuttosto "difficile" nelle mani di piloti inesperti: le manovre più delicate erano quelle di atterraggio, con l'incognita sempre presente di stalli improvvisi.

    Lo S.XIII, comparso come prototipo il 4 aprile 1917, fu subito accettato e messo in produzione: questa raggiunse la cifra, quasi incredibile per l'epoca, di 8472 esemplari complessivi, mentre altri ordinativi per migliaia di altre unità vennero annullati dopo la fine del conflitto. L'impiego si estese rapidamente all'aviazione militare belga, al Royal Flying Corps britannico e al servizio aereo della American Expeditionary Force dell’U.S. Army e al Corpo Aereo Italiano.

    L'Italia fu l'ultima in ordine di tempo a dotarsi degli SPAD. Gli S.VII arrivarono soltanto nel marzo 1917 e rimasero in linea anche dopo la comparsa della variante successiva, verso la metà dell'anno seguente. Gli aerei, forniti direttamente dalla Francia, furono 214 e i primi equipaggiarono la 77a Squadriglia e la 91a, quella di Francesco Baracca. Anche se il caccia andò in dotazione a undici reparti, non entusiasmò i piloti italiani, che privilegiavano il più agile Hanriot HD.1.

    Baracca, il grande asso conseguì la sua prima vittoria su un SPAD il 13 maggio 1917 e pochi giorni dopo, il 21, registrò il suo 12o abbattimento, alimentando così i notevoli risultati complessivi della 91a Squadiglia: nella prima fase dell'offensiva austriaca dell'ottobre 1917, in appena sette giorni -dal 20 al 26 del mese- il reparto distrusse 14 aerei avversari. Lo SPAD segnò anche la fine dell'asso degli assi italiano: il 19 giugno 1918, in missione su uno S.XIII, Baracca venne abbattuto, colpito al capo da una fucilata mentre sorvolava le trincee austriache sul Montello. Aveva da poco conseguito la sua 34a vittoria.

    Diversi SPAD resi celebri dalle imprese degli uomini che li portarono in combattimento sono oggi conservati nei Musei. Lo S.VII originale utilizzato da Georges Guynemer, soprannominato "Vieux Charles", è al Musée de l'Air et de l'Espace francese. Al  Museo storico dell'Aeronautica Militare di Vigna di Valle sono invece custoditi gli S.VII appartenuti a Fulco Ruffo di Calabria e a Ernesto Cabruna, quest'ultimo ricordato come asso della Grande Guerra con otto vittorie. Una replica dello SPAD di Francesco Baracca con le insegne della 91a Squadriglia, infine, è esposta a Lugo di Romagna, paese natale del grande pilota, nel museo a lui dedicato.

 

Paolo Matricardi- Guida agli aeroplani di tutto il mondo, Vol. 2 - Mondadori Editore