La storia
Nell'immmediato dopoguerra l'industria aeronautica italiana era sostanzialmente arretrata rispetto a quelle delle altre nazioni occidentali per ciò che riguardava la propulsione a reazione. Le esperienze in questo settore condotte durante il conflitto erano state poco significative e, soprattutto, molto discontinue e il divario con inglesi, tedeschi e americani era praticamente incolmabile. Fu così che, all'inizio degli anni Cinquanta, nell'impossibilità di avviare un vasto programma di ricerca autonomo (come aveva fatto l'industria francese), fu deciso di appoggiarsi agli alleati per recuperare il tempo perduto. In questo contesto, il progetto che dette vita al Fiat G.91 fu il primo che conquistò un successo internazionale, imponendosi su concorrenti assai più agguerriti realizzati in Gran Bretagna e in Francia. Battezzato ben presto "Small Sabre", piccolo Sabre, a causa della sua somiglianza esteriore con il caccia della North American, il G.91 restò in produzione per 19 anni, fu completato in 756 esemplari compresi i prototipi e le macchine di pre-serie e servì dal 1961 nella Aeronautica Militare Italiana, dal 1960 nella tedesca Luftwaffe e dal 1965 nell'Aviazione militare portoghese. Le linee di montaggio vennero definitivamente chiuse nel 1977, con il completamento dell'ultimo dei 65 G.91Y ordinati. Questa versione finale, con la adozione di due motori, trasformò radicalmente il progetto originale e assicurò al caccia di Giuseppe Gabrielli una vera e propria seconda giovinezza, prolungando la sua vita operativa fino all'inizio degli anni Novanta. L'ultimo reparto dell'AMI, l'8° Stormo, abbandonò i suoi G.91Y il 1 dicembre 1994.
Il successo del G.91 giunse con il concorso NATO del 1953, nel quale si chiedeva all'industria europea di realizzare un nuovo aereo leggero da appoggio tattico. Le specifiche, assai stringenti, vennero emesse nel dicembre di quell'anno. Il caccia doveva essere in grado di trasportare un carico bellico di 450 kg con un raggio d'azione operativo di 1800 chilometri e 10 minuti di permanenza sull'obiettivo; avere velocità massima di almeno Mach 0,95 e di crociera di 705 chilometri all'ora; decollare entro 1.100 metri su un ostacolo di 15 metri; essere pienamente operativo su piste non preparate e campi erbosi. La selezione dei progetti andò avanti per un anno e mezzo e il ventaglio di scelta comprendeva ben otto proposte, tra cui quelle francesi Breguet Br.1001 Taon e Dassault Mystère XXVI (il futuro Etendard), la britannica Folland Gnat, l'altra italiana Aerfer Sagittario. Il risultato della prima selezione fu annunciato il 30 giugno del 1955: vincitori erano nell'ordine il francese Bréguet Br.1001 Taon e il Fiat G.91. A queste due macchine se ne aggiunse successivamente una terza, quella sviluppata dalla Dassault, di cui fu decisa analogamente la costruzione di tre prototipi. L'industria francese premeva molto sul programma, non solo per motivi di prestigio, ma anche per i grossi interessi economici e commerciali in ballo.
Da quella data la competizione fra i tre concorrenti rimasti in lizza divenne serrata e particolarmente combattiva. Restavano poco più di due anni per il confronto finale, previsto alla fine del 1957. Il tempo a disposizione non era molto, ma la Fiat riuscì ad avvantaggiarsi nelle fasi di sviluppo rispetto ai competitori. Il 30 luglio 1955 la casa torinese ricevette l'ordine per la costruzione di 27 esemplari di pre-serie. Il primo G.91 fu portato in volo sul campo di Caselle il 9 agosto del 1956, dal capo collaudatore Riccardo Bignamini, con sette mesi di anticipo rispetto al prodotipo Dassault e quasi un anno sul Breguet Taon.
La fase di collaudi che seguì non fu priva di inconvenienti: i più gravi furono provocati da fenomeni di vibrazione aeroelastiche che, il 20 febbraio 1957, portarono alla distruzione del primo prototipo. Ma il programma di messa a punto venne portato avanti con successo. Nel settembre 1957, presso il Centre d'Essais en Vol di Bretigny-sur-Orge, in Francia, ebbe luogo il confronto diretto e definitivo fra i tre concorrenti. Tre mesi dopo, nel gennaio 1958, il Fiat G.91 fu ufficialmente dichiarato vincitore. La scelta provocò vivaci polemiche, soprattutto da parte francese, i grandi sconfitti. Si arrivò persino a sostenere che la Fiat aveva presentato un progetto non originale, ripreso da quello del North American F-86K di cui aveva la costruzione su licenza. Ma si trattava chiaramente di accuse infondate.
Nel frattempo gli esemplari di pre-serie avevano lasciato le linee di montaggio e, nell'agosto 1958, avevano equipaggiato il 103° Gruppo, incaricato di condurre le prove di valutazione operative. Queste culminarono nel luglio dell'anno seguente, con una serie di dimostrazioni effettuate dinanzi a una commissione internazionale della NATO. Il giudizio fu altamente positivo, al punto che la Luftwaffe decise di adottare il G.91 su larga scala. La produzione, di conseguenza, venne avviata su licenza anche in Germania.
La prima versione di base fu la G.91R che, pur conservando le caratteristiche di appoggio tattico, poteva essere impiegata anche per la fotoricognizione. I G.91R, comparsi nel 1959, differivano dagli esemplari di pre-serie soprattutto nella prua, dove erano state installate le apparecchiature fotografiche, e vennero realizzati in quattro sottoserie. La prima fu la R/1, costruita in 48 esemplari, che divenne la variante iniziale in dotazione alla Aeronautica Militare Italiana, operativa con il 14° Gruppo dal 14 marzo del 1961. La seconda fu la R/3, serie appositamente studiata per le esigenze della Luftwaffe e caratterizzata dall' armamento potenziato (con la adozione di due cannoni da 30 mm al posto delle mitragliatrici), da struttura irrobustita, dalla installazione di altri due piloni alari, da avionica migliorata. Furono costruiti in 50 G.91 R/3 in Italia e altri 294 in Germania. La Luftwaffe finì col ricevere anche 50 G.91 R/4 (originariamente destinati alla Grecia e alla Turchia, ma rimasti in carico dopo il fallimento delle trattative di vendita), sostanzialmente identici agli R/3 tranne che nell'armamento. L'ultima serie di produzione della variante R (50 esemplari) fu la R/1B, in pratica una versione della R/1 aggiornata al livello R/3, destinata all'Aeronautica Militare Italiana. I G.91 ebbero il battesimo del fuoco con le insegne dell'aviazione militare portoghese, alla quale nel 1965 la Luftwaffe aveva ceduto 40 esemplari della serie R/4. Questi aerei furono attivamente impiegati fino al 1973 in operazioni antiguerriglia in Guinea, Mozambico e Angola.
La seconda versione di base fu la G.91T da addestramento, comparsa come prototipo il 31 maggio del 1960. Era caratterizzata da modifiche strutturali e dalla configurazione biposto della cabina di pilotaggio. Fu costruita nella sottoserie T/1 per l'AMI (99 esemplari) e nella sottoserie T/3 per la Luftwaffe (66 unità, di cui 22 realizzate su licenza). La versione finale fu la Y, il cui prototipo volò per la prima volta il 12 dicembre 1966, e che venne costruita in 65 esemplari. Il progetto portò alla massima evoluzione lo sviluppo della cellula. Principale innnovazione fu la adozione di due turboreattori General Electric J85, in grado di assicurare un incremento di potenza del 63 per cento con un solo 24 per cento di aumento di peso a vuoto; di conseguenza le prestazioni generali migliorarono, soprattutto in termini di carico utile (incrementato del 73 per cento) e di affidabilità complessiva. La fusoliera, pur riproponendo lo schema generale della precedente, venne ingrandita, mentre notevolmente migliorata fu l'avionica, che includeva piattaforma inerziale, calcolatore di navigazione e sistema di presentazione dati "a testa alta" (HUD). Il G.91Y era dotato di quattro piloni alari ciascuno capace di trasportare 454 kg di carico bellico, mentre l'armamento difensivo era costituito da due cannoni da 30 mm installati a prua con 145 colpi ciascuno. Tra le previsioni d'armamento c'era anche quella di un ordigno nucleare tattico da 231 kg. Infine, erano previsti anche un gancio d'arresto e attacchi per razzi ausiliari per il decollo da piste corte. I G.91Y andarono tutti in linea nei reparti dell'Aviazione Militare Italiana. A partire dall'aprile 1989 sono stati sostituiti dai più moderni caccia tattici AMX.