La storia

L'era dei giganti dell'aria iniziò nel lontano 1913, in un periodo nel quale l'aeroplano da combattimento stava iniziando a muovere i primi passi, in previsione del lungo conflitto che già all'epoca appariva inevitabile. L'esigenza di un "vero" bombardiere rappresentò il naturale sviluppo dei ricognitori che, fino ad allora, si erano rivelati in grado di svolgere un modesto ruolo offensivo -prevalentemente tattico- grazie al piccolo carico di caduta che erano in grado di trasportare. Precursori del bombardamento strategico furono la Russia e l'Italia. La prima con i grandi quadrimotori sviluppati da Igor Sikorsky, dei quali il gigantesco Ilya Mourometz fu il rappresentante più noto; la seconda con i progetti di Gianni Caproni, una famiglia di biplani trimotori che vide largo impiego durante la prima guerra mondiale e che finì con l'imporsi come una delle più valide della categoria.

    Il capostipite Ca.30 fu impostato verso la metà del 1913 e, nel suo lavoro, Caproni fu fortemente appoggiato dal maggiore Giulio Douhet, allora comandante del Battaglione Aviatori e tra i primi convinti sostenitori della validità del bombardamento strategico. Il progetto, però, non venne approvato dai responsabili del ministero della Guerra e si dovette attendere un anno prima che un nuovo prototipo venisse approntato. Questo, designato Ca.31, volò nel novembre 1914 pilotato dal collaudatore Emilio Pensuti e solo nella estate del 1915 assunse la sua configurazione definitiva  per la produzione di serie. Denominato Ca.32 (Ca.1 fu la sigla militare) l'aereo venne completato in più di 160 esemplari e, nel 1915, iniziò a equipaggiare i reparti da bombardamento italiani e francesi (la Francia  aveva acquisito la licenza di produzione affidandola alla società Robert Esnault-Pelterie, REP).

    La prima incursione del Corpo Aeronautico Militare fu effettuata il 20 agosto 1915 proprio da questi velivoli, inquadrati nella 1a Squadriglia Caproni. Il Ca.32 venne destinato ad altre quattro unità nel IV e XI Gruppo da bombardamento e l'attività andò rapidamente intensificandosi con l'evolversi delle operazioni.

    Il successo al fronte spinse le autorità militari a chiedere una versione più potente del trimotore e questa fu la Ca.33 (Ca.3) che apparve ai primi del 1917 e che finì col diventare la più diffusa del conflitto. Le due varianti erano sostanzialmente simili, con la caratteristica struttura a doppie travi di coda che sostenevano gli stabilizzatori e tre timoni di forma poligonale, ma il Ca.33 rappresentò il modello definitivo, potenziato nelle unità motrici e migliorato nelle prestazioni generali e nella capacità di carico bellico. I motori erano tre Isotta-Fraschini V-4B da 150 hp, installati due con elica traente in gondole alari raccordati con le travi di coda, il terzo con elica spingente alla estremità posteriore della corta fusoliera centrale. Proprio al disopra di questa elica era collocata una delle postazioni del mitragliere, in una specie di gabbia a livello del bordo d'uscita dell'ala superiore.

    Il Ca.33 fu completato in 269 esemplari che equipaggiarono numerose squadriglie del Corpo Aeronautico Militare e la 1a Squadriglia aerosiluranti della Marina. Anche due reparti dell'aviazione francese ebbero in dotazione i Ca.33 costruiti su licenza della Esnault-Pelterie (in totale la REP realizzò 83 esemplari di diverse versioni). Nel corso della produzione la Caproni allestì anche una variante caratterizzata fondamentalmente dalle semiali smontabili per facilitare il rimessaggio e da una serie di modifiche strutturali destinate a semplificare la manutenzione e la produzione. La designazione di fabbrica fu Ca.36, quella militare Ca.3 mod.

    Al fronte, i primi Ca.33 furono consegnati al IV Gruppo nel marzo 1917 e le operazioni di massa -compiute con formazioni anche di 30 e più aerei- ebbero inizio a giugno, crescendo ben presto di intensità e di importanza strategica. Tra queste, particolarmente efficaci furono le incursioni sulla base di Pola, compiute ai primi di agosto, e quella contro la base navale di Cattaro, in ottobre. Alla fine di novembre i Ca.33 equipaggiavano 8 Gruppi con 28 Squadriglie, la maggior parte delle quali basate nei campi d'aviazione dell'Italia settentrionale: tra questi Aviano, Campoformido, Ghedi, Padova, Verona. Nel dicembre 1917, su richiesta del comando supremo francese, fu costituito il XVIII Gruppo da bombardamento, formato dalla 3a, 14a e 15a Squadriglia, destinato a operare sul fronte franco-tedesco. A febbraio 1918 il reparto si trasferì in Francia, attivo nell'ambito della Escadre 11 da cui dipendevano due gruppi da bombardamento della Aèronatique Militaire. Le unità francesi e italiane vennero impiegate spesso insieme soprattutto in ruoli strategici. Molte operazioni forono condotte penetrando profondamente nel cuore della Germania, con incursioni diurne e notturne su numerose città, tra cui Colonia, Stoccarda e persino Friedrichshafen, sul lago di Costanza. Questa missione ebbe un grande rilievo visto che fu portata a termine dopo circa 600 km di volo sul territorio nemico.

    La validità dell'aereo era ampiamente dimostrata ma, nel corso del conflitto, l'attività di Caproni proseguì senza sosta, nell'intento di migliorare ulteriormente la sua linea di bombardieri. Dopo la parentesi dei giganteschi triplani della serie Ca.4, nella primavera del 1917 l'amministrazione aeronautica chiese lo sviluppo di una versione più potente del modello biplano. Questa si articolò su diverse serie (Ca.44, Ca.45 e Ca.46) differenti nelle unità motrici e tutte designate Ca.5. Si trattava di macchine più grandi e pesanti, dalle ali completamente ridisegnate e di maggiore superficie e con la fusoliera a sezione ovoidale, particolarmente curata dal punto di vista aerodinamico; inoltre i propulsori previsti avevano potenze unitarie assai più elevate che andavano dai 200/300 hp dei Fiat A-12 del Ca.44 ai 250 degli Isotta-Fraschini V-6 del Ca.45 e ai 350/400 degli americani Liberty adottati nella variante Ca.46. Le richieste per questo tipo di aereo raggiunsero rapidamente quantità assai elevate, fino a toccare una punta di 3900 esemplari. I primi furono disponibili verso la metà del 1918, ma la fine della guerra ridimensionò drasticamente queste cifre e la produzione del Ca.5 andò avanti fino al 1921 con il completamento di 659 unità, alle quali si aggiunsero quelle costruite su licenza negli Stati Uniti.

    I Caproni della serie 5, comunque, non ebbero il successo operativo del Ca.3, soprattutto a causa della relativa inaffidabilità della prima serie dei motori Fiat e dei ritardi di approvvigionamento degli Isotta-Fraschini V-6. Dopo la fine della guerra al grosso biplano fu preferito il più affidabile Ca.36. Questo aereo divenne il più longevo della famiglia, restando in servizio fino al 1926, dopo la costituzione della Regia Aeronautica.


Paolo Matricardi- La Grande storia dell’Aeronautica Militare-Fabbri editore